Recensione su Jazz Colours
Di seguito la recesione di Marco Maimeri su "Silentium" pubblicata sul nuovo numero di JazzColours a pag. 32 (Anno 2012, Anno V, n.5)
Brani inediti alternati a frammenti di improvvisazione collettiva. Due facce di un'unica medaglia, lucente ed armoniosa, levigata ed austera. La missione di questi tre giovani musicisti incontratisi nel 2009 nelle aule dell’International Jazz Master Program di Siena è quella di mostrare che il silentium, il silenzio, non è assenza ma — al pari del colore bianco — presenza sovrapposta di più suoni (o colori). Un concetto estetico-filosofico volto a cogliere l'essenza della musica e a farla vibrare e splendere alla luce della giovinezza e dell’originalità portata avanti dagli interpreti. Un lavoro discografico decisamente introspettivo e suadente, che scava nel profondo di ognuno dei presenti e cerca di far emergere la parte più genuina e consapevole del loro sentire. Questo attraverso l’improvvisazione, a volte assoluta, come in Primo Frammento e Secondo Frammento, a firma congiunta, a volte relativa, collegata alle composizioni scritte dal leader o, come Koala, dal contrabbassista. Su tutto e tutti, però, si stende, come un sudario avvolgente, un meraviglioso e raffinato interplay, elemento primario quando si tratta di creare musica dal nulla, ma anche valore aggiunto in caso di rielaborazione di una melodia già data. L’ascolto che ne consegue ha un impalpabile quid, intimo ed inesplorato, come una lunga distesa di candida neve mai sfiorata da mano o passo d’uomo, una distesa appunto silenziosa ed ovattata come le note e le linee profuse dal trio. Tutto sembra sospeso, in attesa di qualcosa che sembra tardare o è lento ad arrivare, eppure il cambiamento, pur sotterraneo e strisciante, giunge alla fine in maniera inaspettata. Sia all’interno degli stessi pezzi sia in Nevamente, Clear the Way, Withdrawn e La Mia Africa, raggi di sole trafiggono come un prisma il manto nevoso: non lo sciolgono ma lo illuminano di mille colori. Nelle sue sonorità, il trio ricorda gli Chat Noir, figli anch’essi del pianismo nordico e delle sue innovazioni, come pure Bill Evans, Ahmad Jamal, Keith Jarrett, punti di riferimento imprescindibili quanto a spiritualità, metamorfosi e rinascita. A questo si aggiunge un sottile senso della melodia, un arioso sviluppo armonico ed un dinamico evolversi verso un’affinata ripartizione interpretativa e solistica. Ma.Ma.